18 febbraio 2014

La memoria della materia

in primo piano: Nicola Martini
Untitled, 2013
dietro: Olga Balema
Untitled, 2014
(foto di Andrea Rossetti)

Una materia che ha memoria è quella presentata presso la galleria Fluxia di Milano fino all'8 Marzo 2014. All'interno dello spazio espositivo le opere creano un percorso ben strutturato sottolineando le trasformazioni dei materiali quali cera, metallo, resina, tela. Nelle varie opere viene messo in luce il cambiamento dei loro componenti, ma soprattutto viene evidenziato il ricordo di ciò che era prima. Ossidazione del metallo, evaporazione dell'acqua, malleabilità della cera, strati di pittura, stampi di snikers, disgregazione del cemento: sono solo alcuni degli eventi accaduti o ancora in corso. Di cera è la colonna a base rettangolare creata da Nicola Martini. Una cavità ci porta all'interno del materiale, rivelando le caratteristiche interne dello stesso. L'artista italiano vive e lavora a Parigi e nelle sue opere spesso unisce lastre di materiali differenti o delle semplici sculture a base quadrangolare. In ogni caso la materia pura è una delle caratteristiche principali dei suoi lavori. Porfido, cemento, cera, bitume e pietra sono i più utilizzati dall'artista. 
Seguono due fontane di Olga Balema. L'artista olandese utilizza materiali di scarto come lastre di metallo e vestiti usati per creare delle inusuali fontane. Interessante come lo scorrere continuo dell'acqua arrugginisca la lastra di metallo su cui essa scivola. Il liquido confluisce poi nuovamente all'interno di una canna che lo rimette in circolo. Questo ciclo continuo rumoreggia nell'aria, lo scorrere dell'acqua si diffonde infatti nello spazio dando vita ad una lieve melodia naturale.
Etienne Chambaud,
Nameless 2013
(Foto di Andrea Rossetti)
Per finire i lavori di Etienne Chambaud sottolineano nuovamente le potenzialità dei materiali. L'artista parigino ha preparato tre tele con una pittura al rame, sulla quale ha poi distribuito le urine di tre animali differenti. In questo modo si vengono a creare delle chimere, dunque dei nuovi esseri rimasti aggrappati alla tela. Il liquido ossida la pittura creando delle figure astratte ed automatiche dal colore verdastro. Interessante è anche l'idea di presentare tre tele della stessa misura, come a formare un'ulteriore unione di animali e quindi un'altra chimera. L'artista in ogni caso sta ancora lavorando a lavori simili, riproponendo nuove unioni e diverse misure del supporto.
Questi sono solo alcuni dei giovani artisti presenti in galleria. I loro lavori sono accomunati dalla purezza con la quale viene indagata la materia, lasciandone trasparire le imperfezioni e cercando di interagire direttamente con la stessa.





artisti in mostra: 
Nicola Martini, Olga Balema, Anne De Vires, Maria Taniguchi, Etienne Chambaud



Material Memories


Fluxia Gallery - Milano
23 Gennaio - 8 Marzo, 2014

13 febbraio 2014

Dorfles e i cavallucci marini

Non so, sarò forse io a non capire, ma se Gillo Dorfles è conosciuto come grande critico d'arte e filosofo perché esporre dei suoi lavori come fosse un grande artista? Innanzitutto non sapevo che la pittura fosse il suo grande hobby e sì che lo fa da parecchi anni, sin dagli anni trenta. Ma quello che io mi dico è che a tanti piace dipingere, ma se non tutti diventano artisti ci sarà un motivo. Dunque perché esporre dei dipinti quanto meno discutibili per quanto riguarda la loro valenza artistica? La spiegazione che mi sono data è che ciò accade perché si parla di Dorfles, figura imponente nel mondo dell'arte e sicuramente che ha fatto la storia, ma che di certo la storia non la fatta con i propri dipinti. Se il pittore fosse stato mio padre di certo i suoi dipinti non sarebbero stati esposti presso la Fondazione Marconi di Milano.

Gillo Dorfles
Simbiosi di esseri, 1996
Ecco uno di quei momenti in cui mi ritrovo davanti a delle opere e non le capisco, non riesco a vedere oltre. Sarà gusto personale ma io questo dipinto non lo concepisco, ci vedo solamente un cavalluccio marino assieme ad una chiocciola e ad un alieno. Sarà che mi blocco all'apparenza, ma io quest'opera proprio non riesco a contestualizzarla e quindi a capirla.
Gillo Dorfles
Senza titolo, 1947-2013
A mio parere l'unica opera interessante è questa scultura in marmo. Essa è posizionata sopra un piedistallo e si sviluppa delicatamente seguendo delle forme antropomorfe. Non è esattamente innovativa, ma in questa vedo purezza, passione, visi, spalle, schiene, corpi aggrovigliati. E non so per quale motivo Dorfles l'abbia creata ma quest'opera a me lascia qualcosa, al contrario dei dipinti.
Ed infine al secondo piano ci sono dei piatti decorati che mi ricordano quelli creati da Picasso. Esteticamente mi piacciono, ma dire che siano interessanti dal punto di vista artistico anche questa volta è difficile da dire. Diciamo che sono simpatici.


Gillo Dorfles. Ieri e oggi


Fondazione Marconi - Milano
15 Gennaio - 22 Febbraio, 2014

5 febbraio 2014

Fare arte: tra il dire e il fare c'è di mezzo un'idea

Silvia Camporesi
Qualche volta di notte, 2012
Questo fine settimana l'ho passato a Bologna presso lo Spazio Labò, una realtà davvero interessante per quanto riguarda il campo della fotografia. All'interno di questo spazio vengono realizzati vari corsi di avvicinamento o approfondimento del mezzo fotografico, oltre a numerosi workshop che mirano a temi specifici.
Da appassionata di fotografia ho trovato per caso un workshop presso questo spazio che mi sembrava davvero interessante. Il titolo era "Fare arte" e a tenerlo era Silvia Camporesi, artista che fino a qualche tempo fa non conoscevo. Inizialmente sono stata colpita dal nome, mi sembrava interessante un workshop di fotografia che intendesse l'atto fotografico come un'azione artistica, un po' come la intendo io. Ma l'artista che lo teneva non la conoscevo, volevo quindi capire se potesse essere o meno interessante, perciò ho controllato il suo sito internet. I suoi lavori sono stati una rivelazione: poche volte ho trovato delle foto così vicine a come intendo io la fotografia, ovvero un mezzo per realizzare arte, per costruire dei lavori che possano essere chiamati opere. A quel punto non potevo che iscrivermi al workshop, volevo imparare da lei, e capire come lei era riuscita a diventare un'artista.
Ed ecco quindi che questo sabato e questa domenica le ho passate chiusa in una stanza con altri sette appassionati di fotografia cercando di pensare ad un'idea e quindi capendo come "fare arte", realizzando poi quell'idea. Apprendere un metodo, così semplice ma spesso indispensabile per focalizzare un punto di partenza e che possa essere sviluppato per arrivare ad un punto d'arrivo. Ricercare testi, immagini, parole chiave, e dare forma ad un proprio progetto utile alla realizzazione di un prodotto finale di cui poter essere fieri e sicuri.
E trovare una persona, Silvia, così normale seppur nella sua stranezza. Una donna laureata in filosofia, ma che ora fa la fotografa. Pranzare con un'artista che ti racconta come ha deciso di diventare fotografa e quante volte gli è stato detto che i suoi lavori potevano essere migliori, ma lei non ha mollato, si era costruita un programma ben preciso, l'ha seguito e ce l'ha fatta. E ora lei realizza le proprie idee, molte di queste trovate nelle parole crociate, e viaggia e scopre posti nuovi e li fotografa e li rende vivi. Si sa che se si vuole qualcosa davvero, con la perseveranza tutto si ottiene, e lei ne è la conferma.
Una bella scoperta, una stupenda esperienza.


Silvia Camporesi
La Terza Venezia, 2011



"Fare arte": creatività e progettualità nella fotografia contemporaea
con Silvia Camporesi
Spazio Labò - Bologna
1 - 2 Febbraio, 2014


link utili: www.spaziolabo.it
              www.silviacamporesi.it