4 gennaio 2014

Gianni Berengo Gardin: raccontare per immagini

Venezia, 1960


Il Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri a Verona presenta in questo periodo una mostra dedicata a Gianni Berengo Gardin e curata da Denis Curti. L'esposizione, già presentata a Venezia e a Milano, mette in mostra circa duecento fotografie suddivise in dieci sezioni, le quali trasmettono ritmo e carattere al lavoro dell'autore, rendendone la lettura maggiormente piacevole e fluida. 

Il fotografo inizia a catturare la quotidianità negli anni Cinquanta a Venezia, e importante è la documentazione che egli fa delle proteste sessantottine nella città lagunare. Presto si sposta in Francia per studiare fotografia, dove apprende da  Willy Ronis la poetica del reportage e della fotografia sociale.
Venezia però rimane sempre nel cuore del fotografo dove spesso ritorna scattando alcune tra le sue più famose fotografie: i due amanti che si baciano sotto i portici di Piazza S. Marco (sebbene a quel tempo fosse proibito baciarsi in pubblico) o ancora Piazza S. Marco deserta dove una sola bambina corre in mezzo alla neve circondata da piccioni in volo. Negli anni Sessanta pubblicherà Venise de Saison le cui fotografie presentano una Venezia differente da quella turistica, ovvero quella dei veneziani.
Istituto psichiatrico - Parma, 1968
Un altro lavoro davvero interessante è Morire di classe, realizzato assieme alla fotografa e scrittrice Carla Cerati verso la fine degli anni Sessanta. I due svolgono una ricerca all'interno di alcuni manicomi dando un contributo fondamentale per l'approvazione, nel 1978, della legge 180/78 che avrebbe fatto chiudere i manicomi.
La ricerca di Gianni Berengo Gardin continua nelle comunità Rom del nord Italia. Senza pregiudizi e morale, la serie fotografica testimonia la vita delle particolari comunità, dalla madre che lava il figlio in una tinozza alle prove di alcuni musicisti.
Il fotografo è rimasto sempre fedele alla sua macchina fotografica analogica e al bianco e nero, il carattere delle sue fotografie si ritrova anche in questo: forti sono i contrasti e le figure mai del tutto definite. Gianni Berengo Gardin insiste nel definirsi non un artista ma un fotografo, sente piuttosto che il suo lavoro è vicino a quello di uno scrittore, solamente che egli ha scelto di utilizzare le immagini e non le parole per raccontare le storie della vita quotidiana.
Campo nomadi, 1993


Consiglio di prendere l'audioguida per ascoltare alcune spiegazioni del curatore Denis Curti e qualche curiosità direttamente dall'autore. Inoltre da vedere è la video intervista a Gianni Berengo Gardin dove molti sono gli accenni autobiografici ma anche tecnici.






Normandia, 1933



Gianni Berengo Gardin. Storie di un fotografo 

Centro Internazionale Scavi Scaligeri - Verona
26 ottobre, 2013 - 26 gennaio, 2014
10.00 - 19.00
chiuso lunedì

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